Fisiologia della Retina

La retina è mantenuta in sede attraverso almeno tre meccanismi:

  • l’azione dell’epitelio pigmentato che funziona come una pompa drenando liquidi dalla retina alla coroide;
  • il tamponamento esercitato dal corpo vitreo sulla retina;
  • la matrice mucopolisaccaridica che lega i fotorecettori all’RPE tramite interdigitazioni.

Nell’RPE si realizza un fenomeno simile alla fagocitosi, in cui vengono metabolizzate le membrane piè esterne dei fotorecettori, garantendo l’eliminazione delle porzioni esaurite e il rimpiazzo di queste per gemmazione dal lato interno.

Il funzionamento dei fotorecettori è strettamente dipendente dai pigmenti che essi contengono, rodopsina o porpora visiva nei bastoncelli e iodopsine nei coni. Queste molecole fotosensibili sono strutturalmente simili, costituite da una parte proteica e un gruppo prostetico fotoreattivo (retinale nei bastoncelli, fornita principalmente dall’epitelio pigmentato, che in presenza di luce passa dalla forma 11-cis allo stereoisomero 11-trans, staccandosi dalla parte proteica, opsina). Nei coni vi sono tre sottopopolazioni che rispondono a lunghezze d’onda differenti associate a tre colori (rosso, verde, blu).

La diversa sensibilità alla luce sembra dipendere dalla differente struttura delle opsine e dall’interazione con il retinale e viene definita dalle curve di sensibilità recettoriale che possono essere di due tipi: scotopica, misurata al buio, e fotopica, della visione diurna. La curva di sensibilità scotopica riflette le proprietà dei bastoncelli e registra una diminuzione della soglia visiva tra i 400 e i 600 nm (minima intorno ai 500nm), corrispondente al passaggio blu-verde nello spettro del visibile. La curva di sensibilità fotopica invece rappresenta la risposta recettoriale associata ai coni, con un minimo assoluto a circa 550nm (blu), e due minimi relativi a 440 (verde)e a 575 nm (rosso), e sta alla base della visione dei colori, come definita nella teoria tricromatica di Young-Hemholtz, e dell’estensione dello spettro del visibile tra i 400 e i 700nm.

La cinetica dell’attività recettoriale definisce anche i tempi di adattamento alla luce e al buio: analizzando la soglia visiva di un soggetto posto al buio dopo una prolungata esposizione alla luce diurna, si nota che nei primi 5 minuti di misurazione la soglia rimanga relativamente alta; solo dopo 15 minuti si ha un abbassamento significativo (andamento bifasico della curva corrispondente all’attività rispettivamente dei coni e dei bastoncelli). Ripetendo la medesima prova von uno stimolo rosso, che non attiva i bastoncelli, si può separare le componenti dei diversi fotorecettori: viene evidenziata solo la prima parte di curva con stabilizzazione non superiore ai 7 minuti, tempo necessario di adattamento per riportare la concentrazione dei pigmenti ai valori massimi. Questo periodo risulta più lungo per la rodopsina poiché subisce una marcata diminuzione dopo esposizione alla luce, al contrario le iodopsine vengono consumate in minor misura.

I fotorecettori retinici sono in assenza di luce elettricamente attivi, infatti si depolarizzano al buio e producono una corrente di membrana stabile (corrente al buio) che all’apice va dall’esterno verso l’interno, mentre nel segmento basale scorre al contrario, questa corrente è garantita da un flusso di ioni sodio che entrano a livello apicale e da un contemporaneo flusso di ioni potassio che escono dalla base; l’equilibrio ionico è mantenuto da una pompa Na-K a livello del segmento interno. Quando la luce colpisce la rodopsina, diminuisce la permeabilità al sodio e l’intensità della corrente al buio, con una diminuzione del potenziale di membrana da -40 a -60 mV (risposta alla luce iperpolarizzante). Il retinale va incontro ad un distacco fotodipendente, associato all’attivazione della trasducina, proteina G specifica per il cGMP che stimola una fosfodiesterasi; questa a sua volta idrolizza il cGMP in 5’-GMP. Il segnale viene amplificato dai primi e secondi messaggeri permettendo l’idrolisi in ogni singolo fotone di centinaia di molecole di cGMP, la cui concentrazione diminuendo va ad alterare la permeabilità di membrana del segmento esterno del fotorecettore (canali sodio rimangono aperti se legati ad almeno tre molecole di cGMP).

La variazione di potenziale dopo esposizione alla luce condivide la proprietà di adattamento con i sistemi recettoriali classici, una sensibilità dinamica definita da una risposta ampia all’inizio che si riduce proporzionalmente al tempo di esposizione. Questo avviene poiché i canali per il sodio sono parzialmente permeabili al calcio che, diminuendo la sua concentrazione a livello intracellulare, determina un aumento di attività della guanilatociclasi, e quindi un aumento di cGMP, che permette una riapertura parziale dei canali per il sodio.

 Circuiti intraretinici

Il segnale che origina dai fotorecettori giunge alle cellule bipolari e orizzontali e poi alle cellule gangliari. Al buio la depolarizzazione recettoriale causa rilascio di glutammato nello spazio sinaptico tra i fotorecettori e le cellule bipolari su cui, a seconda del profilo recettoriale, il neurotrasmettitore può causare la formazione di potenziali postsinaptici eccitatori o inibitori, rispettivamente nelle sottopopolazioni di cellule bipolari A, presentanti un canale cationico glutammato-dipendente, e cellule bipolari B in cui si ritrova un canale metabotropo glutammato-dipendente iperpolarizzante. Ogni fotorecettore si connette con entrambi i tipi quindi al buio le cellule bipolari A saranno sempre depolarizzate, le B analogamente saranno iperpolarizzate. Attraverso questo meccanismo le cellule gangliari con le bipolari A sono eccitate al buio, al contrario quelle connesse alle bipolari B saranno eccitate dopo l’esposizione alla luce. Quando un punto della retina viene illuminato le cellule bipolari A si iperpolarizzano (bipolari off), le cellule B si depolarizzano (bipolari on); vista la connessione alle cellule gangliari, queste vengono suddivise in sottogruppi on e off, rispettivamente eccitati e inibiti dall’esposizione alla luce.

Le cellule orizzontali e le cellule amacrine permettono collegamenti longitudinali tra cellule dello stesso strato retinico e completano la definizione del campo recettivo delle cellule gangliari. Le cellule orizzontali sono dotate di sinapsi elettriche e collegano anche cellule a elevata distanza; hanno un funzionamento analogo a quello delle cellule bipolari A: rimangono depolarizzate al buio grazie alla liberazione del glutammato da parte dei fotorecettori. Quando sono depolarizzate rilasciano, in entrambe le direzioni, mediatori inibitori sui recettori posti lateralmente. All’illuminazione puntiforme della retina, si iperpolarizzano le cellule orizzontali sottostanti e cessando di inibire i recettori a lato: questa organizzazione permette ad ogni recettore di reagire in modo opposto ai recettori adiacenti, in base alla condizione di eccitazione o inibizione, e tale configurazione è analoga negli strati retinici superiori per le cellule bipolari e per le cellule gangliari.

Le cellule amacrine contribuiscono, in modo ancora non completamente chiarito, alla definizione della risposta recettoriale in senso orizzontale.

Il risultato finale è la presenza di campi recettivi concentrici di segno opposto che si traducono nella suddivisione delle cellule gangliari in cellule centro-on e centro-off. Le cellule gangliari centro-on, se illuminate nel centro del campo recettivo, si depolarizzano; se invece vengono colpite dalla luce in periferia, si iperpolarizzano. Nelle cellule gangliari centro-off l’effetto è diametralmente opposto. Le dimensioni dei campi recettivi è diverso tra coni e bastoncelli e dipende dal grado di convergenza delle afferenze recettoriali agli strati superiori. Mediamente sedici coni convergono su quattro cellule bipolari, e poi su un’unica cellula gangliare; invece circa 1500 bastoncelli afferiscono a cento cellule bipolari, e quindi a cinque cellule amacrine e ad un’unica gangliare. In questo modo vi è una differenza enorme riflessa anche su i campi recettoriali, che saranno molto ampi se ricevono afferenze dai bastoncelli e molto piccoli se collegati ai coni. Poiché la fovea risulta costituita quasi esclusivamente da una popolazione di coni, questa regione sarà caratterizzata da un’elevatissima capacità di discriminazione che si riduce gradualmente spostandosi verso la zona periferica della retina, dove invece aumenta la popolazione dei bastoncelli. Nonostante la convergenza del segnale proveniente dei bastoncelli sia elevata, non avviene una perdita di dettaglio nella visione scotopica: i bastoncelli, infatti, si connettono sinapticamente ai coni adiacenti, eccitandoli in condizioni di illuminazione anche inferiori alla soglia fisiologica, ottenendo così una mitigazione della perdita del dettaglio che si avrebbe se fossero considerate solo le afferenze dei bastoncelli. Questo non succede al buio completo: le sinapsi tra i due tipi di fotorecettore si chiudono ed è grazie alla convergenza elevata proveniente dai bastoncelli e al venir meno dell’inibizione periferica che si ottiene una grande sensibilità di risposta anche a luci puntiformi di intensità minima.

Le cellule gangliari possono essere suddivise, tenendo conto sempre del punto di vista funzionale, in popolazione parvicellulare e magnocellulare: la prima reagisce ai differenti aspetti cromatici dell’immagine attraverso l’elaborazione complessa degli stimoli che provengono dai fotorecettori afferenti ad un’unica cellula gangliare; la seconda è invece sensibile alle differenze di illuminazione e quindi alla trasduzione del contrasto. Questa suddivisione permette l’elaborazione simultanea di aspetti diversi di una stessa immagine, colore e contrasto, utilizzando però sistemi cellulari separati.